Perché la Chiesa include il giorno di Ognissanti (1 novembre) nel suo calendario di feste solenni? Perché il Credo degli Apostoli include “la comunione dei santi” come uno dei 12 articoli essenziali della nostra fede?

Perché, per dirla con Charles Peguy, “la vita non riserva che una sola tragedia, in definitiva: non essere stato santo”.

I santi non sono mostri o eccezioni. Sono il modello operativo standard degli esseri umani. Infatti, nel senso biblico della parola, tutti i credenti sono santi. “Santità” significa santità. Tutti gli uomini, le donne e i bambini, nati o non nati, belli o brutti, etero o gay, sono santi, perché portano l’immagine di Dio.

I santi non sono il contrario dei peccatori. Non ci sono opposti dei peccatori in questo mondo. Ci sono solo peccatori salvati e peccatori non salvati. Perciò santo non significa “senza peccato”, ma “messo da parte”: chiamato fuori dal mondo al destino di estasi eterna con Dio.

Cos’è un santo? Prima di tutto, uno che sa di essere un peccatore. Un santo conosce tutte le notizie, sia le cattive notizie del peccato che le buone notizie della salvezza. Un santo è un vero scienziato, un vero filosofo:

Un santo conosce la verità. Un santo è un veggente, uno che vede quello che c’è. Un santo è un realista.

Un santo è anche un idealista. Un santo abbraccia la sofferenza eroica per amore eroico. Un santo abbraccia anche la gioia eroica. (Questo è uno dei criteri per la canonizzazione: i santi devono avere gioia.)

Un santo è un servo di Cristo. Un santo è anche un conquistatore più grande di Alessandro, che ha conquistato solo il mondo. Un santo conquista se stesso. Cosa ci guadagna un uomo se conquista il mondo intero ma non conquista se stesso?

Un santo è così aperto che può dire, con Paolo, “Ho imparato, in qualsiasi situazione mi trovi, ad essere autosufficiente. So vivere in circostanze umili; so anche vivere con abbondanza” (Fil 4,11-12). Un santo sposa Dio “nel bene e nel male, in ricchezza e in povertà, in salute e in malattia, fino alla morte”. Un santo è anche così determinato, così testardo, che morirà prima di compromettere la verità, e scriverà il credo sulla sabbia con il suo stesso sangue mentre muore. (Un santo lo fece davvero.)

Un santo è un nemico giurato del mondo, della carne e del diavolo. È bloccato in un combattimento mortale con i principati e le potenze. Un santo è anche amico e amante del mondo. Egli bacia questo mondo incancrenito dal peccato con le tenere labbra del Dio di Giovanni 3:16. Un santo dichiara la guerra di Dio a questo mondo, affondando la croce nella terra occupata dal nemico come una spada, l’elsa tenuta dal cielo. Allo stesso tempo stende le braccia su quella stessa croce come per dire: “Vedi? Questo è quanto è ampio il mio amore per te!”

Un santo è la sposa di Cristo, totalmente attaccata, fedele, dipendente. Un santo è anche totalmente indipendente, distaccato dagli idoli e dagli altri mariti. Una santa lavora tra questi altri il denaro, il potere, il piacere come una donna sposata lavora con altri uomini, ma non li sposerà e nemmeno flirterà con loro.

Un santo è più in alto di chiunque altro nel mondo. Un santo è il vero scalatore di montagne. Un santo è anche più in basso di chiunque altro al mondo. Come l’acqua, egli scorre nei luoghi più bassi come Calcutta.

Il cuore di un santo è spezzato da ogni piccolo dolore e peccato. Il cuore di un santo è anche così forte che nemmeno la morte può spezzarlo. È indistruttibile perché è così fragile.

Il cuore di un santo è spezzato da ogni piccolo dolore e peccato. Il cuore di un santo è anche così forte che nemmeno la morte può spezzarlo. È indistruttibile perché è così fragile.

Un santo toglie le mani dal volante della sua vita e lascia che sia Dio a guidare. Questo fa paura, perché Dio è invisibile. Un santo ha anche mani che muovono il mondo. Ha piedi che si muovono nel mondo con passo sicuro.

Un santo non lascia che gli altri giochino a fare Dio con lui. Un santo prende gli ordini dal generale, non dall’esercito. Un santo non gioca a fare Dio con gli altri.

Un santo è un piccolo Cristo. Non solo vediamo Cristo attraverso i suoi santi, come vediamo una luce attraverso una vetrata, ma capiamo i santi solo attraverso Cristo, come capiamo le uova solo attraverso i polli.

I santi sono la nostra famiglia. Siamo un solo corpo. Loro sono le nostre gambe e noi siamo le loro. Ecco perché la loro festa è la nostra festa. Come dice Pascal, “Gli esempi di nobili morti di spartani e di altri ci colpiscono appena… ma l’esempio della morte dei martiri ci colpisce, perché sono le nostre membra… non diventiamo ricchi vedendo uno straniero ricco, ma vedendo un padre o un marito ricco.”

Diventiamo santi non pensandoci, e non (certamente) scrivendone, ma semplicemente facendolo. Arriva un momento in cui la domanda “come?” si ferma e lo facciamo e basta. Se la persona che amiamo fosse alla nostra porta e bussasse per entrare, ci chiederemmo come funziona la serratura della porta e come potremmo muovere i muscoli per aprirla?

Francesco d’Assisi una volta disse ai suoi monaci che se si trovassero nel bel mezzo della visione beatifica e un barbone bussasse alla loro porta chiedendo una tazza d’acqua fredda, allontanarsi dalla visione celeste per aiutare il barbone sarebbe il vero paradiso, e allontanarsi dal barbone per conservare la visione beata sarebbe allontanarsi dal volto di Dio.

Un santo è uno che vede chi è il barbone: Gesù.

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