Il narratore si trova inspiegabilmente in una città lugubre e senza gioia, la “città grigia”, dove piove continuamente, anche al chiuso, che è o l’Inferno o il Purgatorio a seconda che ci si fermi o no. Alla fine trova una fermata dell’autobus per coloro che desiderano un’escursione in qualche altro luogo (la destinazione si rivela poi essere le colline del Paradiso). Aspetta in fila per l’autobus e ascolta le discussioni tra i suoi compagni di viaggio. Mentre aspettano l’arrivo dell’autobus, molti di loro abbandonano la fila con disgusto prima che l’autobus arrivi. Quando arriva, l’autobus è guidato dalla figura di Gesù Cristo, che impariamo più tardi essere l’unico abbastanza grande da scendere tranquillamente all’inferno. Una volta che i pochi passeggeri rimasti sono saliti a bordo, l’autobus vola verso l’alto, fuori dal marciapiede nel cielo grigio e piovoso.

L’autobus che sale si stacca dalle nuvole di pioggia in un cielo limpido, pre-alba, e mentre sale i corpi dei suoi occupanti cambiano dall’essere normali e solidi all’essere trasparenti, deboli e simili al vapore. Quando arriva a destinazione, i passeggeri dell’autobus – compreso il narratore – si rivelano gradualmente dei fantasmi. Anche se il paese in cui sbarcano è il più bello che abbiano mai visto, ogni elemento del paesaggio, compresi i ruscelli d’acqua e i fili d’erba, è irrimediabilmente solido rispetto a loro: Camminare sull’erba, i cui fili d’erba trafiggono i loro piedi ombrosi, provoca loro un dolore immenso, e anche una sola foglia è troppo pesante da sollevare.

Figure splendenti, uomini e donne che hanno conosciuto sulla Terra, vengono loro incontro e li esortano a pentirsi e a camminare nel Paradiso vero e proprio. Promettono che, man mano che i fantasmi viaggiano verso l’alto, diventeranno più solidi e quindi sentiranno sempre meno il disagio. Queste figure, chiamate “spiriti” per distinguerle dai fantasmi, si offrono di aiutarli a viaggiare verso le montagne e l’alba.

Quasi tutti i fantasmi scelgono invece di tornare alla città grigia, dando varie ragioni e scuse. Gran parte dell’interesse del libro sta nel riconoscere la plausibilità e la familiarità – e la sottigliezza e l’autoinganno – delle scuse che i fantasmi rifiutano di abbandonare, anche se farlo li porterebbe alla “realtà” e alla “gioia per sempre”. Un artista si rifiuta, sostenendo che deve preservare la reputazione della sua scuola di pittura; un cinico amaro predice che il Paradiso è un trucco; un bullo (“Big Man”) è offeso che persone che crede al di sotto di lui siano lì; una moglie assillante è arrabbiata perché non le sarà permesso di dominare suo marito in Paradiso. Tuttavia un uomo corrotto sulla Terra dalla lussuria, che cavalca il suo fantasma sotto forma di una brutta lucertola, permette ad un angelo di uccidere la lucertola e diventa un po’ più solido, e viaggia in avanti, fuori dalla narrazione.

Il narratore, scrittore da vivo, viene incontrato dallo scrittore George MacDonald; il narratore saluta MacDonald come suo mentore, proprio come fece Dante incontrando per la prima volta Virgilio nella Divina Commedia; e MacDonald diventa la guida del narratore nel suo viaggio, proprio come Virgilio divenne quello di Dante. MacDonald spiega che è possibile per un’anima scegliere di rimanere in Paradiso nonostante sia stata nella città grigia; per tali anime, la bontà del Paradiso lavorerà a ritroso nella loro vita, trasformando anche i loro peggiori dolori in gioia, e cambiando la loro esperienza sulla Terra in un’estensione del Paradiso. Al contrario, il male dell’Inferno funziona in modo che se un’anima rimane nella città grigia, o vi ritorna, anche qualsiasi felicità ricordata della vita sulla Terra perderà il suo significato, e l’esperienza dell’anima sulla Terra diventerà retrospettivamente l’Inferno.

Pochi dei fantasmi si rendono conto che la città grigia è, in effetti, l’Inferno. In effetti, non è molto diverso dalla vita che conducevano sulla Terra – senza gioia, senza amici e scomoda. Va avanti all’infinito, e diventa sempre peggio, con alcuni personaggi che sussurrano la loro paura della “notte” che alla fine verrà. Secondo MacDonald, mentre è possibile lasciare l’Inferno ed entrare in Paradiso, fare ciò richiede di allontanarsi dai mali cari che li hanno lasciati all’inferno (pentimento); o come descritto da Lewis, abbracciare la gioia ultima e incessante stessa. Questo è illustrato in un incontro di una donna benedetta che era venuta per incontrare suo marito: Lei è circondata da assistenti scintillanti mentre lui si rimpicciolisce fino all’invisibilità mentre usa un tragico colluso – rappresentante del suo persistente uso del ricatto emotivo autopunitivo degli altri – per parlare per lui.

MacDonald fa accovacciare il narratore per guardare una minuscola crepa nel terreno su cui si trovano, e gli dice che l’autobus è salito attraverso una crepa non più grande di quella, che conteneva la vasta città grigia, che in realtà è minuscola al punto da essere invisibile rispetto all’immensità del cielo e della realtà.

In risposta alla domanda del narratore, MacDonald conferma che quando ne scrive “Certo che dovresti dire loro che è un sogno!” Verso la fine, il narratore esprime il terrore e l’agonia di rimanere un fantasma nell’avvento del pieno giorno in cielo, paragonando il peso della luce del sole su un fantasma come quello di far cadere grossi blocchi sul proprio corpo (a questo punto i libri che cadono lo svegliano).

Il tema del sogno è parallelo a The Pilgrim’s Progress in cui il protagonista sogna il giorno del giudizio nella Casa dell’Interprete. L’uso delle immagini degli scacchi e la corrispondenza degli elementi del sogno con elementi della vita di veglia del narratore ricordano Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie e Attraverso lo specchio. Il libro finisce con il narratore che si risveglia dal suo sogno del Paradiso nella sgradevole realtà della Gran Bretagna in tempo di guerra, in una consapevole imitazione della “Prima parte” di The Pilgrim’s Progress, la cui ultima frase è: “Così mi svegliai, ed ecco: Era un sogno”

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