La sentenza della Corte Suprema

Nell’ultimo dei grandi statuti della Ricostruzione, il Civil Rights Act del 1875, la maggioranza repubblicana al Congresso cercò di assicurare per legge una qualche parvenza di uguaglianza razziale che potesse essere protetta dal governo e dalle corti. Mentre nessuno si aspettava che tale legislazione avrebbe cambiato gli atteggiamenti razziali prevalenti tenuti dai bianchi del Nord e del Sud, la legge mirava a proteggere gli afroamericani dalla privazione dei diritti minimi di cittadinanza.

Una disposizione critica del Civil Rights Act proibiva la discriminazione razziale nei luoghi pubblici, quelli che in seguito sarebbero stati chiamati “alloggi pubblici”, che si basava sulla Sezione 5, la clausola di applicazione del Quattordicesimo Emendamento. Cinque casi che provavano l’applicazione di questa sezione si presentarono sia nel Nord che nel Sud, e la Corte Suprema li riunì per un’unica udienza nel marzo 1883. Il governo argomentò a favore del Civil Rights Act, dichiarando che il Tredicesimo Emendamento non solo aveva abolito la schiavitù ma aveva conferito tutti i diritti dei cittadini liberi agli ex schiavi e che il Quattordicesimo Emendamento aveva dato al Congresso il potere di proteggere quei diritti attraverso una legislazione appropriata.

La Corte non era d’accordo e, nell’opinione per la sentenza 8-1, il giudice Joseph P. Bradley negò entrambi i contenuti del governo. In effetti, la sentenza ha privato gli emendamenti di gran parte del loro significato. Bradley sostenne che, poiché non ogni esempio di discriminazione contro gli afroamericani poteva essere interpretato come un rinnovamento della schiavitù, il tredicesimo emendamento non poteva essere invocato come un divieto del pregiudizio razziale.

Anche se il quattordicesimo emendamento era stato in effetti redatto specificamente per garantire i diritti degli afroamericani, Bradley negò che il Congresso avesse alcun potere affermativo ai sensi dell’emendamento. Il Congresso poteva legiferare in modo riparatore per correggere una legge incostituzionale. Poteva intervenire solo se uno stato promulgava una legge che limitava i diritti degli afroamericani. Bradley ha anche sostenuto che se uno stato non prendeva provvedimenti ma, con l’inazione, tollerava la discriminazione – come l’esclusione da hotel, ristoranti e club – il Congresso non poteva legiferare. Con questa decisione la corte in un colpo solo annullò tutto il potere del Congresso di proteggere gli afroamericani secondo il Quattordicesimo Emendamento e lasciò il loro destino agli stati. Ha anche invitato gli stati del Sud non solo a tollerare ma a incoraggiare la discriminazione privata. La sentenza sarebbe rimasta in vigore fino a quando la Corte non l’ha sconfessata sostenendo il Civil Rights Act del 1964, quasi un secolo dopo la fine della guerra civile.

Il giudice John Marshall Harlan ha espresso l’unico dissenso nelle cause sui diritti civili, sottolineando che la corte aveva sventrato il quattordicesimo emendamento del suo significato. Egli notò anche la parzialità nel giudizio della corte, dato che prima della guerra la corte aveva accordato al Congresso poteri simili nel sostenere i vari Fugitive Slave Acts. Harlan utilizzò l’idea di “affetto da un interesse pubblico”, che la corte aveva espresso in Munn v. Illinois (1876), e sostenne che strutture come ferrovie, hotel, ristoranti e teatri svolgevano una funzione pubblica, una nozione che era stata a lungo riconosciuta nel diritto comune e che serviva come base per regolare quei servizi. Se tali imprese discriminavano, allora lo facevano con il consenso dello Stato; questo costituiva un’azione statale e poteva essere raggiunto sotto il Quattordicesimo Emendamento, anche usando la visione distorta di Bradley del potere della Sezione 5. Anche se Harlan scrisse in dissenso, la sua teoria dell’azione statale sarebbe stata la base su cui la corte costruì una giurisprudenza sui diritti civili dopo la seconda guerra mondiale.

La sentenza nei casi di diritti civili non solo impedì al Congresso di prendere misure affermative contro la discriminazione razziale, ma permise agli stati di permettere legalmente la discriminazione privata semplicemente guardando dall’altra parte, cosa che fecero. In tandem con la storica decisione in Plessy contro Ferguson 13 anni dopo, che sancì la dottrina del “separati ma uguali”, i casi dei diritti civili inaugurarono l’era di Jim Crow.

Melvin I. UrofskyGli editori dell’Enciclopedia Britannica

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