Riforme papali.

Dopo la morte di Pio IV, gli aderenti a rigide regole religiose, guidati dal cardinale (poi san) Carlo Borromeo, nipote di Pio IV, non ebbero difficoltà a nominarlo papa (7 gennaio 1566). Mantenendo il suo stile di vita ascetico, Pio iniziò immediatamente l’opera di riforma. Decreti e ordinanze furono emanati rapidamente; la corte papale divenne un modello di sobrietà; le prostitute furono cacciate dalla città o confinate in un certo quartiere; furono stabilite pene per la profanazione domenicale, la profanità e l’adescamento di animali; ai chierici titolari di benefici fu richiesto di trascorrere periodi definiti nei loro distretti amministrativi; i membri dei conventi furono costretti a vivere in stretta solitudine secondo i loro voti; fu ordinato l’insegnamento del catechismo, il breve manuale che delinea i principi del cattolicesimo. Un nuovo catechismo apparve nel 1566, seguito da un breviario migliorato (le preghiere quotidiane per il clero e le suore) e da un messale migliorato (un libro contenente le preghiere e le risposte per celebrare la messa). L’uso delle indulgenze – cioè la remissione delle pene temporali dovute per il peccato – e delle dispense dai voti fu limitato, e l’intero sistema della penitenza fu riformato.

Pio fu un nemico dichiarato del nepotismo. Anche se è vero che fece cardinale un nipote, non gli fu permesso di avere alcuna influenza, e il resto della famiglia fu tenuto a distanza. Con la costituzione Admonet Nos (29 marzo 1567), proibì la reinvestitura dei feudi – quelle proprietà terriere tenute sotto il regime feudale che dovevano tornare alla Santa Sede – e vincolò i cardinali con un giuramento ad osservarlo. Nel marzo 1569 Pio ordinò l’espulsione degli ebrei dagli Stati della Chiesa, anche se per ragioni commerciali fu permesso loro di rimanere in condizioni umilianti a Roma e Ancona. Nel febbraio 1571 gli Umiliati, un ordine monastico corrotto di Milano, fu soppresso a causa di un attentato alla vita dell’arcivescovo, il cardinale Borromeo.

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Le regole che governano l’Inquisizione furono affilate; vecchie accuse, a lungo sospese, vennero riproposte; il rango non offriva protezione ma piuttosto esponeva il suo possessore ad attacchi più feroci. Nessuno fu perseguito più implacabilmente degli intellettuali, tra i quali molte delle dottrine protestanti avevano trovato accettazione. Principi e stati ritirarono la loro protezione agli eretici e corteggiarono il favore della Santa Sede consegnando illustri trasgressori. Filippo II di Spagna nel 1566 consegnò Bartolomé de Carranza, il teologo spagnolo ed ex confessore della regina Maria d’Inghilterra, e Cosimo de Medici nel 1567 consegnò Pietro Carnesecchi, l’eretico fiorentino che era stato sospettato anche durante il papato di Paolo IV (ricevendo due anni dopo come ricompensa il titolo di granduca di Toscana). Nel marzo 1571 fu istituita la speciale Congregazione dell’Indice, una lista di libri condannati come pericoli per la fede e la morale, distinta dall’Inquisizione, e centinaia di stampatori fuggirono in Svizzera e Germania. Il rammarico di Pio era di essere stato talvolta troppo indulgente. Incoraggiò Filippo II di Spagna a usare la tirannia più spietata per preservare i suoi sudditi olandesi nella fede cattolica e inviò truppe in Francia per aiutare Caterina de Médicis a reprimere gli ugonotti; protestò contro la tolleranza dimostrata dal Sacro Romano Imperatore Rodolfo II.

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